La comunicazione non sta in cattedra

Abbiamo tutti più che mai bisogno di comunicazione.

Abbiamo tutti più che mai bisogno di interazione.

Io faccio molto storytelling e personal branding, per i miei clienti. Insisto perché ne comprendano il valore. Insisto perché ne colgano le opportunità.

?Scrivo per aziende, personaggi pubblici, artisti, professionisti e mi sovvengono spesso le stesse domande. Quanto riesco (e quanto riescono) a ricevere? Quanto apprendo (e quanto apprendono)? Quanto cresco (e quanto crescono)?

La misura della comunicazione efficace si ritiene sia il risultato in termini di seguito e/o di conversioni. I like, le condivisioni, i pareri favorevoli, gli acquisti, sono il metro di una comunicazione che centra il suo bersaglio.

Per me è anche il risultato in termini di evoluzione personale.

Assorbo nel confronto, nello scambio.

Osservo la rete, perplessa.

Il numero di pensatori, guru e dispensatori di ricette taumaturgiche aumenta alla velocità della luce. Sanno. O credono di sapere. Divulgano. O credono di divulgare. Tanti non rispondono ai commenti, lo fanno con il tono del maestro all’allievo o, peggio, con una stizza degna di ben altra causa.

Questa, signore e signori, non è comunicazione. Non è neanche lezione, a dirla tutta. Chi non sa mettersi in relazione e in discussione, chi non approfitta di qualsiasi momento per imparare, chi si mette in cattedra e agita una fantomatica bacchetta da sapientone, non sa insegnare. E non sa neanche guidare o ispirare.

Per comunicare bisogna fiutare, percepire, recepire. Per comunicare bisogna intercettare sentimenti. Per comunicare bisogna far l’amore con il linguaggio. Per comunicare bisogna essere aperti.  Perennemente aperti. Quindi curiosi e, diamine, felicemente work in progress. Per comunicare bisogna avere il coraggio di raccontare le difficoltà e le insicurezze e esercitare generosamente l’autoironia.

?Per comunicare bisogna mettersi sulla stessa lunghezza d’onda di chi c’è dall’altra parte.

I modelli vincenti che hanno risolto tutto sono credibili?

Cosa comunicano esattamente? Illusioni?

Secondo me il rischio di essere deprimenti e frustranti è altissimo. Chi legge certi illuminati che hanno in mano la chiave di tutto si sente un inetto, un perdente, un predestinato alla sofferenza.

Ci vuol ben altro, per stimolare, per persuadere, per entusiasmare. Ci vuole la virtù dell’autenticità. Essere umani e comunicare da esseri umani significa diffondere una parola preziosa: speranza. Significa accendere, con simpatia e umiltà, l’interruttore dei sogni.

Se vuoi puoi.

Oppure

Sarebbe bello, vero? Vieni che proviamo insieme.

La seconda opzione suona decisamente meglio. Non è solo più onesta e credibile, è più calda, più invitante, più saggia, più comprensiva.

E poi perché vincenti? Cos’abbiamo sempre da vincere, la lotteria? C’è una disperata aspettativa di messaggi rasserenanti, questa è la verità. E il più rasserenante di tutti è “non sei un incapace che però deve scalare l’Everest, sei uno come me, vediamo un po’ di farcela entrambi”.

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