Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace.
E l’imperfezione, ricordiamolo bene, ha fascino.
Hai presente il biscotto rustico e irregolare? Sì, proprio quello che nella mente del consumatore fa subito il paio con artigianale.
E non dirmi che non hai impresso in memoria il ragionier Fantozzi, con la sua sfiga cosmica, l’inadeguatezza e il profilo super goffo.
Esempio cinematografico eclatante dell’effetto Pratfall che descrive bene il fenomeno psicologico dell’errore che genera simpatia.
La granitica competenza del professionista, l’infallibile genio dello scienziato, possono intimidire ed essere respingenti. Molto meglio se mostrano le loro fragilità.
La vulnerabilità attrae perché rende umani.
Come il difetto del pellame, simbolo di originalità e autenticità.
È il dettaglio che racconta una storia unica.
Illuminante la filosofia giapponese “wabi-sabi” che esalta la “bellezza dell’imperfezione”… così liberatoria, così potente!
Tutti abbiamo lacune, vizi, debolezze. Nasconderli non è affatto detto sia vincente. Non ci rende sicuramente perfetti e, anzi, rischia di tarparci le ali. Ci allontana dagli altri.
No, non è la perfezione a conquistare. È il nostro valore, la nostra identità irripetibile, la nostra capacità di convivere con i nostri difetti, l’autoironia con la quale teniamo testa alle nostre personali avventure o disavventure in stile Fracchia.
La strategia dell’imperfezione è ben nota al marketing. Il branding e la comunicazione che esaltano asimmetrie, difformità, sbagli e umanità sono percepiti con favore dalle persone.
Non imbarazzano. Non stancano. Sanno di verità.
Non ha senso preoccuparsi. Non c’è nessuna caduta di performance, la competenza e la bravura non sono messe in discussione.
Anche i grandi personaggi sono al sicuro. Spesso, con loro e per loro, lavoro molto proprio sull’espressione di quel “dietro le quinte” che emoziona e cattura, fatto di carenze, pecche, limiti.
Ammettere i nostri pasticci, confessare uno svarione, mostrarsi cavalieri con la macchia, può produrre effetti straordinari!
E tu, che rapporto hai con la tua imperfezione?