Franchino è una leggenda vivente.
Una faccia incredibile, una vita inimitabile.
Vocalist, dj, cantastorie, intrattenitore. Uomo d’avanguardia e carattere, perennemente in pista e straordinariamente originale.
Tiene banco dagli anni ’70, Franchino. In Italia e in Brasile. Nelle discoteche e nei club che sono la storia delle serate di decenni. Non smette mai, evolve a modo suo, al passo con le tendenze ma senza mai confondersi con il panorama del momento.
Quando il pop funk rock viene attraversato dall’elettronica, lui è pronto a nuove avventure.
E, neanche a dirlo, avventure strabilianti. Racconta favole, Franchino.
Mica lo fa come alla maniera di tutti. Macché. Lui incendia le nottate, fa ballare, trascina più generazioni.
Io lo conosco chissà quando sull’Isola d’Elba.
Lo vedo, lo ascolto…e resto esterrefatta.
Un fenomeno fuori dai canoni, non c’era modo di definirlo, non c’era altro da fare che lasciarsi incantare.
Poi, mea culpa, lo archivio nei ricordi. Non lo seguo, non mi capita più di trovarlo in qualche locale, forse perdo pure la sua “cassettina”.
Lo riscopro per caso. Amato e celebrato come sempre.
Franchino, lo storyteller della consolle, l’uomo dalla bacchetta magica, il visionario senza tempo, continua ad affabulare ed ammaliare. L’età non conta, pare un eterno Peter Pan perfettamente a suo agio nel buio che vuole pulsare di emozioni forti.
Simboli, allegorie, fantasie. Franchino maneggia storie, musica e parole come un giullare, come un bambino, come un prestigiatore.
Un personaggio unico.
Lo immagino con Pollicino, La Principessa sul pisello, il Brutto Anatroccolo e gli altri compagni di viaggio, sound, divertimento, poesia. Lo immagino a fare festa in mezzo ai ragazzi per i quali è un mito, con la filosofia più saggia che ci sia: il male fa venire voglia di vivere.
Raccontare è il mio mestiere. Non posso che ammirare chi ha trovato una formula così bella, innovativa, accattivante.
Franchino, prima o poi verrò ad ascoltarti ancora.