Perché scrivere un libro a finale aperto?

Ho profondamente amato alcuni libri a finale aperto, che ho scritto come ghostwriter.

Il finale aperto è assenza di conclusione? In realtà ci sono storie di vita davvero irrisolte, trame che non trovano una risoluzione definita e definitiva, scelte di sospensione che preludono a un seguito e ultime pagine che sono esattamente interrogativi in attesa di risposte.

Il finale aperto è una scelta pianificata, da condurre e gestire bene.

Talvolta consegna al lettore la libertà di interpretare e di immaginare il destino della storia che più sente vicino. Altre volte non è altro che la rappresentazione di un dilemma non sciolto. Altre volte ancora è il mistero che può avere risvolti e sviluppi in opere successive.

L’open ending, o finale aperto, è uno spazio dove potenzialmente tutto può succedere, sempre ammesso che gli elementi della storia e l’elaborazione siano predisposti per reggere quella potenzialità.

In alcuni casi è una decisione di grande rispetto, che risponde al desiderio di narrare fatti e intrecci senza spingersi a giudicare i protagonisti. In altri è l’opzione privilegiata quando la storia assolve il suo scopo percorrendo un viaggio che non ha meta.

Ci sono lettori che trovano il finale aperto fastidioso o deludente. Altri invece che ne sono affascinati.

Non sempre è necessario, bello o utile, che il lettore si impegni a “indovinare” cosa è rimasto nella mente dell’autore e nel segreto non svelato.

Spesso proprio i dubbi che il finale aperto insinua, fanno il valore del libro. Danno una spallata allo schema dei percorsi, alle presunte certezze, alle convenzioni e alle convinzioni. Magari sono lì a solleticare riflessioni, a vagheggiare svolte possibili, a mostrare orizzonti alternativi.

Come ci si orienta tra finale aperto, chiuso e circolare?

La questione si valuta attentamente, in base al genere, all’ispirazione e a tanti altri piccoli e grandi aspetti. Naturalmente con estrema cura della coerenza e dell’armonia complessiva dell’opera e dello stile.

Già, anche lo stile può supportare meglio uno o l’altro finale…ma questo è un fattore da analizzare in modo puntuale, tra ghostwriter e committente.

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